Il Foro Romano acquarello inizi XIX sec.
Grande acquarello su carta raffigurante una veduta della parte del Foro Romano conosciuta come Campo Vaccino, montato in una cornice in legno dorato e laccato nero. Questa opera, appartenente alla scuola romana dell’inizio del XIX secolo, è databile tra il 1812 e il 1824, anno in cui iniziarono i restauri dell’Arco di Tito. Si attribuisce con certezza a Simone Pomardi (1757-1830).
Le dimensioni del foglio sono di cm 50 x 72, mentre incorniciato misura cm 62.5 x 82.5 circa. Lo stato di conservazione è molto buono, considerando il periodo storico.
All’interno del dipinto, al centro in primo piano si distingue la fontana abbeveratoio; sulla destra, le tre colonne del Tempio dei Càstori, con la chiesa di Santa Maria Liberatrice al Foro Romano visibile dietro di esse e più in là l’ingresso degli Orti Farnesiani. A sinistra, il Tempio di Antonino e Faustina è seguito dal Tempio del Divo Romolo, dietro cui si intravede la Basilica di Massenzio. In fondo a sinistra, troviamo la Chiesa di Santa Francesca Romana, alle cui spalle si scorge il Colosseo, mentre sulla destra l’Arco di Tito è ancora inglobato nelle strutture del convento.
Questo acquarello fa parte di una serie di quattro opere dello stesso autore, tutte disponibili per la vendita in blocco.
Simone Pomardi (Monte Porzio Catone, 1757 – Roma, 1830) è stato un pittore, disegnatore e viaggiatore. Nacque a Monte Porzio da Giovanni Battista, notaio e cancelliere, e da Angiola Antonia Ilari, nel 1783 si trasferì a Roma dove coabitò con alcuni colleghi artisti, tra cui Francesco Caucig e Giuseppe Bergler. Si fece notare, tra Settecento e Ottocento, con i suoi grandi acquerelli, di soggetto quasi sempre architettonico, raffiguranti fedelmente Roma e i suoi dintorni. Fu maestro di pittura di Alessandro Castelli suo nipote da parte di madre. Dai suoi disegni i migliori calcografi del tempo ricavarono incisioni pubblicate in vari libri: Raccolta di vedute antiche e moderne della Città di Roma e sue vicinanze incise da varj autori, 1816 (sei disegni di Pomardi incisi da Antonio Testa e Pietro Parboni), Le antichità di Roma recentemente scavate fino all’antico piano disegnate da Simone Pomardi, 1817 (11 vedute di Roma e una di Tivoli), Viaggio antiquario ne’ contorni di Roma di Antonio Nibby del 1819 (30 disegni di Pomardi incisi da Pietro Parboni), Raccolta di XXXX Vedute Antiche e Moderne della Città di Roma e sue vicinanze incise da Morelli, Feoli, Ruga ed altri celebri bulini (1821). Collaborò inoltre alla realizzazione delle illustrazioni della Satyra V di Orazio e dell’ Eneide di Virgilio pubblicate col patrocinio di Elisabetta duchessa di Devonshire tra il 1816 e il 1819. Tra il 1804 e il 1806 Pomardi compì un viaggio in Grecia con Edward Dodwell, erudito irlandese. I due eseguirono moltissimi disegni ed acquerelli e circa 800 di questi lavori, conservati dagli eredi di Dodwell, sono rimasti inediti fino al 2002 quando furono acquistati da David W. Packard, per conto del Packard Humanities Institute di Los Altos in California. Una parte di questa straordinaria raccolta fu esposta per la prima volta al British Museum e poi a Roma nel 2013 nella mostra “La riscoperta dell’antico” allestita nella Curia Julia del Foro Romano. “I paesaggi dipinti rappresentano una rara testimonianza dell’acropoli di Atene, dei monumenti di Micene, del porto di Corfù e di altri siti archeologici come apparivano al tempo della dominazione ottomana della Grecia, visti attraverso gli occhi dell’archeologo ed erudito Edward Dodwell, autodidatta e talentuoso acquerellista, e dell’artista italiano Simone Pomardi, già noto per dipinti all’acquarello, raramente a tempera, in cui ha ritratto l’antica Roma all’epoca dell’occupazione francese.”. Qualche anno dopo il viaggio in Grecia, nel 1819, Dodwell pubblicò A Classical and Topographical Tour through Greece during the years 1801, 1805, and 1806, con disegni di Simone Pomardi. Nel 1820 Pomardi pubblicò Viaggio nella Grecia fatto da Simone Pomardi, negli anni 1804, 1805, e 1806, un dettagliato diario di viaggio, riguardante non solo l’arte e l’archeologia ma anche usi, costumi, politica della Grecia del tempo. “In tal modo Pomardi è il primo italiano, se si esclude l’inconcludente esperienza di Giovanni Battista Lusieri, a farsi interprete della riscoperta del mondo storico e sociale della Grecia agli albori dell’Ottocento al seguito di un filone già aperto da inglesi e francesi.” Infine, nel 1821, Dodwell pubblicò Views in Greece from drawings by Edward Dodwell con alcune litografie tratte da disegni di Pomardi. Gravi problemi di salute, sopraggiunti intorno al 1820, impedirono a Simone Pomardi di lavorare. Morì a Roma il 3 novembre 1830
Campo Vaccino era il nome con cui nel XVI-XVIII secolo veniva chiamata l’area suburbana degli antichi Fori Imperiali a Roma.
L’area era adibita a pascolo e al mercato boario, ma anche al passeggio e al ritrovo. Esso era contornato da chiese e cosparso di rovine di monumenti antichi affioranti dal terreno: per la sua caratteristica ambientazione, Campo Vaccino costituiva una piazza romana dotata di suo singolare fascino pittoresco ben rappresentativo di Roma dell’epoca precedente alle grandi ristrutturazioni urbanistiche dei secoli XIX e XX.
Il nome “Campo Vaccino”, attestato per la prima volta in una bolla pontificia di papa Sisto V del 1589, deriva dal mercato delle vacche che vi si teneva, regolato dal “governatore della dogana di Campo Vaccino”. Qui infatti aveva, infatti, sede la Dogana della Grascia.
Fin dal regno di Paolo III Farnese (secolo XVI) iniziò lo spoglio delle antichità romane del campo per riutilizzarne il materiale edilizio (ad esempio, i marmi). Tale spoglio continuò ancora fino al secolo XVIII, epoca in cui tale materiale iniziò a scarseggiare.
Solo nel periodo dell’occupazione napoleonica e in quello successivo, del pontificato di papa Pio VII, si iniziarono i lavori di scavo nel Foro e si decretò la fine del mercato.
La riscoperta archeologica e storica dell’antico Foro nel corso del XIX secolo, inizialmente da parte di studiosi come Luigi Canina, ha visto la fine dell’utilizzo dello spazio come pascolo.
Al centro del campo, si trovava una caratteristica fontana ad uso di abbeveratoio di Giacomo Della Porta, costituita da una vasca in granito e da un mascherone. Essa fu smantellata nel XIX secolo sotto il regno di Pio VII: mentre la vasca venne spostata sotto l’obelisco del Quirinale in piazza del Quirinale, il mascherone è oggi visibile all’ingresso del Giardino degli Aranci, sopra una fontana moderna in piazza Pietro d’Illiria. Anticamente, di fronte alla fontana si affacciava la Chiesa di Santa Maria Liberatrice al Foro Romano, demolita nel 1900, a sua volta adiacente alle tre colonne superstiti del Tempo dei Càstori.
All’interno dello spazio era presente, dal pontificato di Alessandro VII fino al XIX secolo, una Olmata, ovvero una tratta alberata della Via Sacra fiancheggiata da olmi, che conduceva dall’Arco di Tito all’Arco di Settimio Severo. La sua gradevole vista colpì anche l’architetto Filippo Juvarra.
Il Campo era adiacente al Palazzo Senatorio del Campidoglio, a cui era collegato tramite una larga via carrozzabile. Sull’area si affacciavano gli edifici posti sul versante Sud del colle, come ad esempio la torre di Niccolò V.
Nel Campo Vaccino, oltre al mercato boario, si svolgeva la tradizionale “sassaiola”, ovvero la battaglia con lancio di sassi (“rocci”) tra i bulli dei vari quartieri, in particolare fra Trastevere e Monti.